L’ultimo mio Full risaliva al lontano 2019 in terra austriaca, Klagenfurt. I triatleti ricordano bene le condizioni climatiche che trovammo quell’anno tra caldo anomalo che ci fece nuotare senza muta (evento piuttosto raro per questa gara) vento e successivamente un fortissimo temporale che si abbatté sulla gara il primo pomeriggio, insomma, non una delle giornate più fortunate ma sicuramente da ricordare.
Evito di dilungarmi troppo sul 2020, lo conosciamo tutti. Sportivamente parlando ho la fortuna di fare qualche gara podistica inizio anno come la Maratona di Crevalcore, che vinco in 2h34 e la Terre di Siena Ultramarathon che ho la soddisfazione di vincere per il terzo anno consecutivo. Nel mese di dicembre sono uno dei pochi fortunati che partecipa su invito ai Campionati Italiani Assoluti di Maratona che chiudo con il mio personale con uno stratosferico 2h26min, top 15 italiana della gara!
Ma torniamo al triathlon, perché Lanzarote?
In molti continuavano a parlarmi di questa gara, di quanto fosse considerata una delle più belle ma anche più dure del circuito e di quanto potesse essere adatta alle mie doti ciclistiche e di buon podista. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata la giusta occasione ma non per quest’anno, con tutti i pettorali acquistati e da smaltire come Ironman Francoforte e Cervia, gare che avevo messo in programma per l’anno scorso e condivise con amici e compagni di squadra in Bushido come Davide Iarossi.
Giusto il tempo di respirare aria di ripartenza sportiva che ad inizio primavera ripartono spostamenti o annullamenti di gare, come Ironman Francoforte che vista l’incertezza del periodo decide di spostare l’evento da fine giugno a metà agosto, periodo a mio avviso improponibile non solo per il caldo ma anche perché a Ferragosto ho voglia di stare in relax ed in famiglia.
Ed è in quel preciso momento che ripenso a Lanzarote, gara già slittata da maggio a luglio, ancora aperta come iscrizioni e che molti danno per sicura in quanto su di un’isola covid-free (almeno in quel periodo) e con un numero di partecipanti inferiore rispetto ad altri eventi internazionali. Faccio un giro di chiamate e Alessio, amico che alleno da un paio d’anni, si fa coinvolgere e decide pure lui di iscriversi e condividere quest’avventura.
Il cambio di programmazione / training
Sono a meno di tre mesi dalla gara ed inizio a rielaborare una strategia di allenamento. Il volume c’è, ma serve più salita, molta più salita. I lunghi del sabato diverranno delle piccole Granfondo, ovviamente a ritmo controllato.
Tanto vento e multidirezionale ovvero a causa dei cambi di direzione del percorso ci saranno tratti controvento, tratti con vento laterale e tratti a favore. Oltre a lavori specifici su cadenza / potenza di cui farò un articolo dedicato, decido da subito di montare una ruota a medio-basso profilo come una Zipp 404
Altro aspetto importante riguarda l’alimentazione, punto in cui mi sono concentrato parecchio negli ultimi mesi e che ritengo veramente importante. Evito di parlare di troppi dettagli, potete poi chiedermi info, ma negli ultimi mesi posso dire di aver eseguito test di sudorazione in collaborazione con laboratori specializzati, test di determinazione del consumo di glicogeno muscolare a ritmo gara.
LA GARA Venerdì: bike check-In
Finalmente in sintonia con l’isola, la giornata scorre veloce. Giusto il tempo di una nuotatina (qualche centinaio di metri, non esageriamo) che è già ora di bike check-in.
Le sacche erano già pronte da giorni, penso che questa sia una delle prime gare dove ho trovato difficile riuscire a gestire il numero di barrette e gel da portare in bici tanto che mi sono quasi fatto tentare dall’utilizzo della sacca arancione messa a disposizione dagli organizzatori come “special needs” ma che poi non ho utilizzato in quanto una variabile che si aggiunge alle variabili non sotto il tuo controllo e che sono presenti in gare di questa lunghezza. Un’idea dell’ultimo secondo fu quella di utilizzare la cintura aderente da running/trail che solitamente utilizzo di corsa e che in questo caso avrebbe contenuto tutta la mia nutrizione bike e successivamente run.
Le sacche non si sarebbero più potute toccare il giorno della gara quindi inserisco tutto all’interno e si parte per il bike check-in delle 16, a causa covid ogni atleta aveva a disposizione uno slot temporale di 1 ora. Arriviamo e siamo tra i primi, il sole scalda parecchio, sgonfiamo i copertoni e memorizziamo la posizione, sia della bici che della sacca blu ( quella rossa la sposteranno in giornata su di una seconda transizione che non vedremo fino a domani in gara).
Sabato: IRONMAN LANZAROTE “El mas Duro”
La notte passa piuttosto maluccio, un po’ perché la mia camera dà sul bar centrale del villaggio e giustamente i turisti fanno festa, ed un po’ per la tensione che aumenta quando sento che il vento inizia a soffiare molto più forte del previsto confermando quello che le previsioni davano per la giornata della gara, ovvero “hace viento, hace mucho viento”
Sveglia alle 3:50, colazione in camera e per le 5 raggiungo Alessio in lobby per raggiungere zona cambio.
Arriviamo ed è ancora buio pesto, le ruote della bici le gonfiamo grazie alla luce frontale da Trail che mi ero portato da casa, trucchetto imparato a mie spese in altre gare quando ti capita una zona cambio poco illuminata e nel tentativo di gonfiare le ruote cerchi ogni tipo di posizione con tanto di crampi.
20 minuti allo start
Muta on.
La griglia rispetto ad altre gare è unica e sono stati posizionati sulla spiaggia dei cubetti rossi di circa un metro, uno per atleta ma sono già tutti occupati, almeno fino alla zona swim 120’. Un abbraccio ad Alessio prima di perdersi nella tonnara, trovo uno spazio in mezzo al gruppo e penso che ci sarebbe voluto tempo prima di arrivare allo start , questo considerando un classico “rolling start” (Lanzarote non lo prevedeva ma con il nuovo protocollo Covid era stato modificato il regolamento, così come la rimozione dell’uscita australiana)
ORE 7:10 partono i PRO come dei fucili! ore 7:15 partiamo noi Age-group e vengo colto di sorpresa in quanto non viene fatta una rolling start ma viene dato un via generale e sono trascinato dalla massa di triatleti che avevo alle spalle verso lo start, faccio giusto in tempo di posizionare gli occhialini e stringerli che sono in acqua e via.
Le prime bracciate sono sempre un po’ traumatiche, fino alla prima boa posizionata a 200 metri dallo start quando calci e spintoni iniziano a regolarizzarsi.
L’Oceano Atlantico è possente e c’è molta corrente perché sono costantemente spinto verso riva e la traiettoria va corretta ogni 4-5 bracciate. Nuoto a ritmo aerobico e respiro ogni tre bracciate fino a quando più in mare aperto le onde mi costringono a respirare solo a destra.
Gli ultimi 600 metri sono controluce ma poco importa, vedo ormai la fine ed inizio a pensare che in fondo è stato un nuoto piacevole e le sensazioni sono state positive, tutto questo fino a quando non esco dall’acqua e guardo il crono e leggo 1h23’ e lì un po’ m’innervosisco perché mi ero allenato molto nell’ultimo periodo e speravo di poter uscire una decina di minuti prima. Correndo verso T1 sento altri atleti con le mie stesse sensazioni e che solitamente nuotavano molto più veloce e questo un po’ mi consola.
T1 sacca blu, mi tolgo la muta e metto casco e nutrizione e corro scalzo verso la bici, sull’asfalto e senza tappeto, seppur pulito avrebbero potuto mettere un telo per evitare possibili vetri ma vabbè, è andata.
Salgo in bici e siamo subito in salita con forte vento contro, beh lo sapevo.
Si sale con qualche tratto pianeggiante ma per i primi 10 km vedo quasi solo salita e tra l’adattamento da nuoto a bici e l’adrenalina ho una potenza media oltre 300W ed un cuore troppo alto, di una decina di battiti sottosoglia anaerobica. Inizio a dosare quando arrivo in cima alla prima salita nei pressi del deserto lavico di Timanfaya che in quel momento giusto sfioriamo per svoltare a sinistra verso sud-ovest per riscendere verso il mare e raggiungere Playa Blanca, una quindicina di chilometri con vento a favore. Pedalo a tratti sopra settanta chilometri orari, questo per diversi chilometri fino a quando inizio a vedere i primi Pro risalire in senso contrario alla mia marcia con il viso piuttosto sofferente.
Dopo quella visione continuo a scendere ma con meno enfasi, inizio a pensare che dovrò tornare indietro e m’immagino la fatica che dovrò affrontare, cerco di metabolizzala ed accettarla prima che questo avvenga.
Cartello di svolta ad “U” e si riparte, vento contro fortissimo, a volte quasi insopportabile. Supero decine di atleti, che uso come riferimento per rimanere concentrato. Un aspetto positivo di questo percorso così duro è sicuramente il no scia che non vedo per tutto il percorso Bike.
Una gran fatica e sono passati solo 40 km, faccio una previsione dello sforzo complessivo e comprendo perché viene chiamato EL MAS DURO.
Nel deserto di lava di Timanfaya alterno tratti a 300 W a momenti in cui mi alimento e bevo, il paesaggio è di una bellezza unica.
Tagliamo l’isola longitudinalmente ed il vento soffia lateralmente, raffiche a 80 km/h ti spostano letteralmente di carreggiata e ringrazio la scelta di montare una ruota non da 80 e penso ai partenti che ho visto in zona cambio con delle tre razze anteriori e lenticolare posteriore (chissà dove finiranno).
Pedalo verso Mirador del Mar, uno dei punti più scenici e famosi del percorso e passo diversi villaggi, c’è tanta gente in festa e siamo acclamati come al passaggio di un grande giro ciclistico, un vero spettacolo.
Inizio a sentire il caldo, penso che i ristori che l’organizzazione ha programmato siano troppo pochi, questo perché continuo ad arrivarci in riserva d’acqua e non capisco se questo è un mio problema o se sono veramente troppo distanti (e dire che ho capacità per 2 litri di acqua)
Sto salendo da diversi chilometri quando all’improvviso mi trovo su di un lembo di strada che si inerpica sulla cima di una roccia a strapiombo sul mare, di una bellezza incredibile, Mirador del Rio!
Segue una discesa tecnica con vento a favore che ci riporta sul livello del mare ad Arrecife per poi ritornare nuovamente a salire. Mancano una quarantina di chilometri ed inizio a controllare il dislivello positivo effettuato, questo per capire quanta salita dovrò ancora fare e leggo 1900 metri, speravo in qualcosa in più ma altri 500 metri sono gestibili e penso ad un Zena – Quinzano come fatto mille volte in allenamento.
Gli ultimi chilometri sono in discesa, a tutta verso Puerto del Carmen. Raggiungo T2 in 5h40’ di bici, contento del mio tempo.
Scendo dalla bici cercando il mio rack ma vengo subito affiancato da un volontario che mi prende la bici e le scarpe, che ho lasciato attaccate ai pedali. La tenda dista circa 200 metri, sono scalzo e corro nuovamente sull’asfalto ma questa volta le cose vanno decisamente peggio che in T1 perché sono le 14 e l’asfalto è rovente, troppo tardi per riprendere le scarpe dalla bici e troppo tardi per cercare dell’ombra. Mi sento bruciare la pianta dei piedi ma chiudo gli occhi, stringo i denti e raggiungo la tenda, arrivo con la pianta dei piedi ustionata. Vista la prontezza dei volontari nel farmi avere acqua, ghiaccio ed un medico, penso che questa fosse una scena a cui avevano già assistito con chi mi aveva preceduto. Aspetto l’assistenza e per pochi minuti penso ad un ritiro, pensiero subito allontanato e sostituito da un piano B, sono qui e ci provo.
Il medico applica sulla pianta del mio piede un unguento simil vaselina che copro subito con il calzino da corsa, non voglio nessuna garza perché sono sicuro che correndoci sopra si potrebbe spostare e causare ulteriori danni. Esco dalla tenda ed inizio la maratona, i primi passi sono traumatici perché ho il classico dolore da vescica che chiunque abbia corso ha sentito almeno una volta nella vita ma che in questo caso è molto più esteso e non riesco a trovare in fase di appoggio un punto in cui io non senta dolore.
La nota positiva è che fisicamente sto bene, anzi molto bene, ho gestito ottimamente lo sforzo a nuoto e in bici e corro facile ad un ritmo di poco sopra i 4 al chilometro. In quell’istante penso alle fatiche fatte in innumerevoli weekend, a combinati massacranti con lunghi bici oltre i 150 chilometri seguiti da corse di 30 chilometri spesso su sterrato ed in circuito, il tutto per rendere fisicamente e mentalmente più impegnativa la seduta con l’obbiettivo specifico di essere pronto a condizioni estreme, proprio come sto affrontando. Corro la prima mezza in 1h28, non ho cali energetici e continuo con lo stesso passo oltre il trentesimo chilometro. Al trentacinquesimo ormai sono sicuro di poter tenere lo stesso passo fino alla fine ed inizio ad emozionarmi, ho fatto tanti calcoli nel corso degli ultimi chilometri e penso di riuscire a finire di poco sopra 10h15, un tempo di tutto rispetto in questa gara.
L’ultimo chilometro me lo voglio godere tutto, il vento mi fa volare via la visiera ma non torno indietro la lascio a chi se la vorrà raccogliere e faccio l’ultima inversione, questa volta verso la finish line!
David you’re a fucK** Ironman! …. per la sesta volta!
Vengo informato poco dopo che per la seconda volta, classificandomi nella top 10 di categoria, riesco a qualificarmi per i Mondiali di Ironman che si svolgeranno il 9 ottobre 2021 a Kona, Hawaii!
Un altro sogno che si avvera
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