L’endurance e l’importanza di questa sconosciuta corsa lenta

L’avanzamento tecnologico e l’incremento della popolarità di sport di resistenza come il podismo, ciclismo o multi-disciplina come il triathlon hanno promosso una crescita esponenziale (anche prima del Covid19) di software App di allenamento indoor, di analisi real-time GPS e gare virtuali.
Se da un lato possiamo ritenerle un valido aiuto alla preparazione, alla socializzazione ed allo stimolo attraverso segmenti real-time, dall’altro possiamo ritenerle piuttosto pericolose a livello prestativo e mentale se non propriamente padroneggiate.
Prima di tutto questo esisteva un solo riferimento (il preparatore) ed un solo un metodo di confronto: la gara! L’allenamento non era visibile alla community e questo su di molti ha un impatto notevole.
Sì perché ormai siamo ossessionati dal passo al km dei runner di quartiere, con il quale ti alleni e con cui ci si paragona. In un’era dove l’influenza social è divenuta virale, bombardati da influencer che postano allenamenti e tabelle “stellari”, consigli a raffica su ogni tipologia di argomento ecco che ci ritroviamo podisti correre a 5’/km con scarpe con lamina di carbonio ed onestamente se il problema fosse solo questo sarebbe semplicemente un incremento di fatturato del negoziante e del fisioterapista, ma il danno non finisce qui.
Stiamo assistendo alla scomparsa della corsa lenta, rigenerante, dello z1/z2, perché? … è poco social!
Titoli di allenamenti postati da runner come: “Easy, molto easy, un po’ di medio, un bel lento”, se analizzati nel dettaglio (Cuore, cadenza, altimetrica) mostrano molto spesso che il lento è un ritmo medio (z3) a volte pure un Ritmo veloce (z4). La prova del nove la si può poi analizzare in gara, quando i ritmi di allenamento non si discostano di molto da quelli in gara (scattano poi giustificazioni come problemi gastro-intestinali, sfighe varie, vabbè dai alla prossima andrà meglio!)
Il motivo per il quale lo fanno sarà sicuramente quello di mostrarsi molto forti, molto veloci, fenomenali, trascurando però l’impatto che tale comportamento può avere sul podista neofita o su chi è molto sensibile al parere della running o sport community.
Non che io non sia “social” anzi, sono su tutte le app e social Network, le trovo un ottimo motore di condivisione ed il nuovo business, con possibilità di promuovere le proprie idee, prestazioni, brand ma sempre cercando di mostrare valori oggettivi e dati veritieri.
Quello che infastidisce è che da appassionato preparatore noto sempre più spesso tra gli atleti che seguo è un enorme difficoltà ad approcciare il fondo lento, come se fosse un qualcosa di difficilissimo da sostenere o da eseguire, che non porta ad un beneficio o addirittura nocivo in quanto i millisecondi di appoggio al suolo aumentano ed il tale “x” mi ha consigliato di.. le gambe sono imballate, le sensazioni sono pessime ed per ultimo l’umore e l’adrenalina calano.
Metodologia
Il principio che ho sempre seguito è stato quello adottato dalla stragrande maggioranza degli atleti Elite ovvero molto volume aerobico, molti chilometri rigeneranti a passo Lento ed una piccola dose di specifico settimanale ad alta intensità, nel quale non si scherza proprio. Sono convinto che questo metodo si possa benissimo applicare con grandi risultati anche all’amatore, che ne potrà trarre enormi benefici a livello di motore cardiocircolatorio, di efficienza meccanica e di benessere in generale.
Evito di dilungarmi ulteriormente sui benefici dimostrati della corsa lenta rispetto all’alta intensità come la produzione mitocondriale, un maggior scambio ed utilizzo d’ossigeno a livello cellulare, una maggior efficienza cardiaca e di meccanica. Condivido un po’ di dati raccolti da presentazioni eseguite da studi scientifici e analisi, come questa di Stephen Seiler, University of Agder Kristiansand, Norway.
Come possiamo vedere il concetto con il quale stiamo crescendo di “no pain no gain” è totalmente sbagliato o comunque manda un messaggio non del tutto vero su come ci si dovrebbe allenare, ovvero con un’alternanza di stimoli ma soprattutto con una buona dose di ritmo aerobico.
Ecco alcuni consigli:
- Dedicate più tempo al ritmo aerobico, cercate di aggiungere gradualmente chilometri a questo ritmo durante la settimana.
- Non preoccupatevi se i primi mesi non riuscirete ad abbassare la vostra frequenza cardiaca, l’adattamento organico richiederà tempo e costanza.
- Affidatevi ad una programmazione strutturata, se vedete più di 3-4 allenamenti settimanali ad alta intensità iniziate a porvi qualche domanda.
Buon allenamento a tutti!
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